CONTRIBUTI


DOJO KUN, inserito da utente del sito (ftaiji67@gmail.com)
3° principio: DOBBIAMO ALLEVARE IL NOSTRO SPIRITO ALLO SFORZO

3- HITOTSU, DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO

努力の精神を養うこと

(dorioku no seiscin o iascinaokoto)

Cerca di allenarti con grande costanza

(Il karate é mezzo per rafforzare la costanza dello spirito)

(Dobbiamo impegnarci con assidua costanza)

(Coltiva uno spirito di forza e perseveranza) 

DOBBIAMO ALLEVARE IL NOSTRO SPIRITO ALLO SFORZO

 

Tradizionalmente le arti marziali non venivano insegnate o praticate per il semplice valore spettacolare o come diversificazione dagli aspetti più seri della vita, dunque era necessaria pazienza se si volevano imparare i risvolti più profondi di un'arte. La ripetizione ad oltranza delle tecniche fondamentali non è un blocco all'apprendimento come molti pensatori moderni vorrebbero far credere. E' anche vero che tale allenamento non è sicuramente fonte di grande spettacolo. La mancanza di perseveranza semplicemente significa che ogni progresso arriverà ad un punto morto. Come disse il grande fabbro Banzo al suo garzone Yagyu Matajuro "Un uomo con tanta fretta di avere dei risultati, come fai tu, difficilmente imparerà alla svelta".

La costanza, l’impegno, la rettitudine, la determinazione, sono valori importanti non solo per l’allenamento fisico, ma anche per quello spirituale. Non trovate scuse o giustificazioni per non allenarvi o per non migliorare il vostro carattere. Non procrastinate gli impegni e gli allenamenti. Non rimandate a domani quello che potete fare oggi. Vivete come se fosse l’ultimo giorno della vostra vita. Vivete QUI ed ORA (Hic et nunc).  

  • DO: si compone di forza / sforzo e schiavo. Per estensione fare un lavoro (uno sforzo), come schiavo. Provare duramente, un arduo lavoro.
  • RYOKU: sforzo.
  • SEI: abbiamo l’immagine di riso e quella di fresco nel senso di raffinare, purificare. Rimuovere la più piccola impurità.
  • SHIN: si compone dell’ideogramma di altare riferito alla divinità e DO illuminare. La luce come manifestazione della divinità.
  • SEI SHIN: spirito.
  • YSHINA(U): esprime l’idea di allevare, coltivare, educare, erigere.


In definitiva: erigere, educare, coltivare il proprio spirito rimuovendo la più piccola impurità con uno sforzo costante e con un lavoro duro, come quello di uno schiavo. Nulla si raggiunge senza uno duro sforzo, sopportato con animo sincero.

Questo principio si riferisce alla realizzazione dell’uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita personali. Il principio significa anche “Cura il tuo spirito di ambizione“: è legato indissolubilmente al primo e secondo principio in quanto qualsiasi obiettivo non può essere perseguito se non si ha un comportamento maturo, al fine di evitare effetti erronei. Essere ambiziosi con una condotta interna positiva può dare benessere anche a chi ci circonda. Questo principio ne racchiude altri sei:

Mosshoseki (Non lasciare traccia dietro di te): è il consiglio a vivere in naturalezza come un uccello che non lascia traccia nel cielo o un pesce nell’acqua. Essere naturali non si esplica né nell’aggressività, né nella passività. Nello Zen c’è lo stato della “prima naturalezza“ cioè quella del lattante che ha tutte le porte aperte e quella della “seconda naturalezza“ che deve essere elaborata. L’autoconsapevolezza non permette la sopportazione come quella animale che deve adattarsi alle circostanze che gli sono assegnate dalla natura. La vita conscia dipende dal divenire e dai nostri obiettivi. Eppure anche la vita consapevole deve fare i conti con la sua origine naturale. La vita umana matura su due coordinate: apertura nell’aspirazione e conservazione nell’amore. Mosshoseki si riferisce all’equilibrio tra i due poli di destinazione: dipendenza dalla natura e autonomia consapevole. “Non lasciare tracce“ significa che l’individuo (non divisibile, cioè unico) deve considerare le esigenze personali con modesti e autocontrollo. Chi è in preda all’egocentrismo, dipendente dai propri desideri e avidità si pone al centro del mondo arroga a sé ciò che appartiene agli altri o agisce in modo da pregiudicare gli altri. Tali individui non vivono in armonia con le basi vitali esistenti. Lasciano una traccia dietro di loro (Goseki) e in ragione della mancanza di rispetto delle regole prime della vita producono danni.

Hito kome, hito ase (Un chicco di riso, una goccia di sudore): rappresenta l’idea che un’arte marziale non può essere appresa come una scienza, ci vuole una giusta condotta e soprattutto la capacità al sacrificio. Non bisogna pensare puntando subito in alto agli obiettivi, tralasciando ciò che è in basso e soprattutto ciò che si ottiene viene sudando.

Ko gaku shin (Mantieni lo spirito aperto all’apprendimento): è compito dell’allievo creare in se stesso le premesse giuste che lo mettano in condizione di apprendere (Jitoku: vantaggio per se stesso). Non pretendiate di sapere però ciò che è giusto o errato imparare. Avere fiducia in chi è più avanti nella via è la cosa giusta da fare. Nel Budo non vi sono gerarchie di progresso al di sotto dello status di Maestro. Parliamo di comprendere la Via e questo non è raggiungibile in tappe. Il progresso è legato alla vicinanza stessa del Maestro (ishin deshin). L’importante è essere aperto all’ascolto.

Do mu kyoku (Un’intera vita senza limiti): se si prende in considerazione il perfezionamento interiore allora non vi sono limiti nell’esercizio del Budo. Ancora oggi questa è la differenza tra Budo e sport. Nel Budo la perfezione tecnica (Shosa), almeno in Giappone non viene apprezzata particolarmente. La dimensione di cui parliamo è diversa. Richiede un lungo periodo di maturazione spirituale sotto la guida di un maestro della Via. Solo così si può capire “un’intera vita senza limiti“. Nel Budo c’è un’espressione che è “ikken-hissatsu“: indica la tecnica ben affinata, ma significa “uccidere in un sol colpo“. Non si intende l’atto materiale, ma nell’interpretazione filosofica il Maestro utilizza tale espressione per indicare l’azione che origina dall’agire puro, autentico. Attenzione perché è una meta irraggiungibile dato che si lega al concetto di assoluto, al superamento dell’ultimo limite. ikken-hissatsu nella pratica include sempre il Sundome (attenzione) cioè la capacità di fermarsi due centimetri prima di colpire l’obiettivo. Hikken-hissatsu e Sundome sono i due poli della capacità d’azione dell’uomo. Efficacia e controllo vanno a braccetto. L’esecuzione di tecniche prive di efficacia o concentrazione induce ad un atteggiamento interiore sbagliato.

Nana korobi ya oki (Se cadi sette volte, devi alzarti otto volte): fu Bodhidharma ad enunciare tale principio insegnando nel tempio di Shaolin. Non bisogna aver paura di sbagliare. Non dobbiamo sentirci paralizzati, perché ne risentirà il progresso. Bisogna osare, sbagliare, imparare, rialzarsi e continuare.

Karate wa yu no goto shi taezu netsudo wo ataezareba moto no mizu ni kaeru (Il vero karate è come l’acqua bollente, si raffredda se non provvedi a mantenerla sempre calda)
Questo è l’undicesimo principio del Dojokun. Il M° Funakoshi intendeva dire che il progresso si ottiene con regolarità e costanza dell’esercizio.

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